Che Pasticcio di compleanno

 

 

Nel Regno di Principonia, i compleanni erano roba seria.

Come ogni altra faccenda, del resto. Non si poteva certo pensare di vivere in un reame tanto grazioso, nobile e curato senza un minimo di serietà. E di regole. E di educazione. E di disciplina.

Per questo la Principessa Pasticcio fissava sconsolata il cartoncino di invito per la sua festa di compleanno. Di lì a poco avrebbe compiuto dieci anni. E il dieci era un bel numero: tondo come la sua pancia dopo una visita di nascosto alla dispensa delle merendine, tondo come gli occhi del gatto Rubix quando veniva stanato da sotto il divano, tondo come una bolla dal naso durante il sonnellino nelle ore di lezione della Signora Maestra, tondo come le lentiggini a forma di moneta sul naso pallido del Principe Frollo. Insomma, meritava un festeggiamento speciale.

Non certo quello previsto nel bigliettino di invito che la Principessa Pasticcio continuava a stropicciare tra le mani.

Sua Maestà Il Re e Sua Altezza La Regina sono lieti di convocare le Signorie Vostre Illustrissime al Castello per partecipare alle solenni celebrazioni per il geriatrico della Principessa Pasticcio. Per l’occasione interverrà l’orchestra di cetre antiche ‘Sonno profondo’, a seguire rappresentazione mimica del gruppo ‘Basta Perlamordelcielo’ e a concludere buffet dello Chef Tartinamoscia. Richiesto abito da cerimonia

Terribile. Quasi peggio dell’anno precedente, il cui unico momento di divertimento era stato quando la Contessa di Pignasecca era slittata sui confettini che la Principessa Pasticcio aveva tentato di nascondere nelle tasche del vestito da ballo. Se quello stupido abito, invece di tanti pizzi merletti fiocchi e ricami, avesse avuto anche una tasca decente ciò non sarebbe successo… Comunque la visione della Contessa che pattinava scomposta lungo il perimetro del salone per finire spiaccicata contro l’arazzo del bisnonno in tenuta da caccia al moschino era valsa l’intera settimana di punizione che sua madre La Regina le aveva inflitto. Per non parlare dell’anno prima ancora, quando il Principe Frollo aveva starnutito a spruzzo nel piatto del Barone di Tormenta dopo aver assaggiato il primo cucchiaio di zuppa. Anche lì aveva rimediato i soliti sette giorni di punizione, però non era certo colpa sua se il Principe Frollo non aveva il senso dell’umorismo e doveva fare una tragedia per ogni piccolo e innocente scherzetto che lei ideava per ravvivare la situazione. C’era bisogno di sputare in quel modo e stramazzare in fin di vita sulla tovaglia solo per una manciatina di peperoncino della migliore qualità Torcibudella? E poi che ci poteva fare lei se il Barone di Tormenta era un tale schizzinoso e non poteva sopportare una macchietta sulla giacca di gala? Che poi con tutti quei lustrini mica si vedevano i rimasugli di zuppa e le caccole che gli si erano attaccati addosso. Anzi, era anche carino, così verdognolo dalla testa ai piedi. Ovviamente, nessuno aveva voluto ascoltare le sue ragioni.

E questo non era giusto. Chi era la festeggiata, in fondo?

“Principessina?” La voce timida della cameriera Riccioletta si fermò sull’uscio della stanza.

“Uffa, i compiti li ho già copiati dal Principe Frol…, volevo dire finiti. I compiti li ho già finiti, che c’è ora?” chiese, voltandosi appena. Nell’angolo finale dell’occhio rimase aggrappata una orrida visione: una nuvola di tulle color cocomero riempiva il vano della porta. Dietro sbucava la crestina della cameriera.

“Oh no!” esclamò la Principessa Pasticcio, balzando in piedi. Aveva capito che il cocomero era il suo vestito per il compleanno.

“La prego, Principessina, non faccia storie, ci vorrà pochissimo” la supplicò la cameriera.

Pochissimo, diceva quella. Che ne sapeva lei di quanto tempo aveva sprecato l’anno scorso, in piedi su uno sgabello a farsi punzecchiare di spilli… e dentro la pancia, e fuori il petto, e dritta la schiena, e alto il mento: insomma uno strazio solo per ottenere una salsiccia di seta azzurra che l’aveva intrappolata per l’intera festa, impedendole di superare il suo record personale di sette pastarelle di seguito perché già alla numero tre le cuciture avevano cominciato a scricchiolare.

Dalle scale giunsero delle voci allegre, segno che sua madre La Regina e la sarta stavano salendo.

“Quest’anno faremo un abito spettacolare. Immagini, cara Regina, un tripudio di rosa. Tanto, tanto rosa tutto spumeggiante e vaporoso, gonfio come una meringa. Immagini, Maestà, un’enorme meringa rosa. Se la immagina?”

La Principessa Pasticcio spalancò gli occhi all’idea. Forse sua madre La Regina non se la immaginava, ma lei sì. Benissimo.

E non avrebbe indossato una meringa rosa nemmeno sotto tortura.

Con un balzo sapiente, perfezionato dall’abitudine alla fuga, imboccò la porta del bagno e se la chiuse alle spalle.

“Oh cielo!” strillò la cameriera, lanciando di lato la montagna di stoffa nel tentativo disperato di raggiungere la piccola peste prima che girasse la chiave.

CLICK.

“Principessina, per cortesia, non faccia come l’ultima volta… Ricorda in che guaio si è cacciata?” supplicò la povera Ricciolina, tirandosi i boccoli con fare nervoso.

“Devo solo fare un bisognino” mentì la Principessa Pasticcio, mentre si calava dalla finestra appesa ad una corda di lenzuola appositamente preparata e nascosta dietro gli asciugamani puliti.

“Se questa volta potesse evitare di cadere sulle calendule albine credo che la Regina gliene sarebbe grata” suggerì la cameriera un istante prima di sentire il tonfo dell’atterraggio.

“Ma quale cadere? Io non cado mai…” borbottò la Principessa Pasticcio massaggiandosi il sedere e spolverandosi la gonna piena di fiori spiaccicati.

“Amore, sei pronta per la prova? La nostra cara sarta è già arriv…” La voce de La Regina sua madre si spense di colpo. Le bastò un’occhiata al viso colpevole della cameriera per capire che la Principessa gliel’aveva fatta un’altra volta. Corse alla finestra, dimentica di quelle buone maniere che tentava di insegnare senza speranza alla figlia.

“Se anche questa volta hai perso la coroncina sappi che non ti comprerò più nemmeno una caram… oh cielo, per tutte le scarpette di cristallo del Regno! Hai di nuovo distrutto i miei fiori… Pasticcio, mi senti? Lo so che mi senti: sappi che sei ufficialmente in punizioneeeee!!!”

Pasticcio non la sentiva. Come poteva? Aveva già superato il cancello, e correva come una pazza verso la libertà, lontano dalle meringhe rosa, dalle orchestre, dalle cerimonie e pure dai compleanni. Correva con le gonne rimboccate, il grembiule sciolto, i codini slacciati e la coroncina…

Quale coroncina?